Creare collegamenti, estendere i propri confini rappresentano per me non soltanto obiettivi terapeutici con i miei pazienti ma anche interessanti sfide, da cui costruire ponti interdisciplinari tra ambiti apparentemente poco conciliabili tra loro.

Tra queste sfide rientra la collaborazione col Museo della Grande Guerra di Ragogna www.grandeguerra-ragogna.it attraverso diverse iniziative rivolte al pubblico in cui proponiamo connessioni e riflessioni tematiche a cavallo tra storia e psicologia. La prima guerra mondiale, unitamente allo sviluppo della disciplina psicologica intesa come scienza, getta le basi per la diagnosi del PTSD, meglio noto come disturbo post-traumatico da stress. L’esperienza inumana dei soldati al fronte ci ha insegnato tantissime cose sul nostro funzionamento in situazioni di stress, che ci hanno permesso negli anni di costruire e perfezionare importanti strumenti di elaborazione del trauma. Da qui l’obbligo di ricordare quel popolo di eroi, le loro vite segnate se non distrutte dalla guerra, ma profondamente ricche e meritevoli di essere approfondite e valorizzate ai giorni nostri.

La guerra rappresenta inoltre, a mio avviso, una potente metafora esistenziale: spesso ci troviamo letteralmente in “guerra” con noi stessi e con il mondo, come tanti “Don Chisciotte” in lotta con i nostri “mulini a vento”, senza riuscire tuttavia a scoprirci vincitori in tale lotta. Le armi della guerra divengono metafora delle nostre difese, i sentieri della memoria metafora di direzione verso la costruzione della nostra identità che, come per i soldati al fronte, s’integra con il senso di appartenenza a una comune “tribù”.  Mi piace pertanto costruire “ponti” tra saperi diversi, nella convinzione che in ciascuno di essi possiamo trovare più di qualcosa che ci parli di noi e del nostro cammino esistenziale.